I Quanti dell'Anima: un viaggio all'interno di sé stessi.

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I civici Musei di Villa Paolina hanno ospitato dal 22 novembre al 1° dicembre la prima mostra antologica di Francesca Amadeo, giovane pittrice e scultrice di talento formatasi all'Accademia delle Belle Arti di Carrara sotto la guida del maestro Paolo Bresciani.
L'esposizione è stata strutturata in 4 sale diverse che ci accompagnano lungo il percorso evolutivo dell'artista.
L'intera mostra si basa sulla filosofia che "la forma è il vuoto e il vuoto è forma".
Le opere infatti, create non dalla semplice tela bensì da un calco in gesso della stessa, vogliono rappresentare ed esplorare le stratificazioni complesse che caratterizzano la realtà.
Il calco ancora fresco è stato sovrapposto a varie forme creando un effetto tridimensionale che la semplice tela non poteva dare; oggetti semplici ma dal forte valore simbolico come rami di vite o ulivo hanno impresso nelle bende intrise di gesso un gioco di vuoti e pieni che cerca di spingere il visitatore a percepire i pezzi mancanti di una realtà spesso ingannevole.
Nella prima sala sono esposte le prime opere di questo percorso: qui si trovano i calchi più pesanti, di colori scuri come il nero alchemico della putrefazione che distrugge la vecchia natura e la vecchia forma dei corpi, li trasmuta in un nuovo stato dell’essere per dar loro qualcosa di completamente nuovo.La materia si spoglia del superfluo e l'uomo inizia il suo viaggio all'interno di sè stesso verso il ritrovamento della auto-coscienza.
La seconda sala ospita riproduzioni di pannocchie di mais e cavoli: sono candidi calchi riempiti in gesso o polistirolo, solo all'apparenza identici ma di peso molto diverso.
Il polistirolo deriva dallo stirene che è altamente tossico; ed ecco quindi che cibo si trasforma in qualcosa di nocivo, di velenoso, di de-naturato; il bianco non rappresenta la purezza ma un segnale di pericolo. La scelta delle pannocchie è una denuncia dell'artista verso una società moderna che coltiva mais solo per produrne energia e biogas: mentre una parte della popolazione muore di fame l'altra distrugge il cibo per ricavarne profitti e denaro.
Il cavolo romanesco è stato scelto perchè i suoi fiori sono organizzati su spirali logaritmiche sempre più piccole, la cui geometria autosimilare è prossima a quella di un frattale naturale, caratteristica che lo rende molto decorativo.
Il cibo perde del tutto il suo significato e il suo valore e diventa un gioco; i frutti vengono dipinti di colori sgargianti, perdono la loro unicità e il loro sapore originario e sono esposti in una cassetta sorretta solo da sottili fili di nylon. Spostando un solo oggetto la cassetta rischi di ribaltarsi: la Natura è in pericolo e il suo equilibrio è ormai precario.
Nella terza sala sono esposti calchi molto più leggeri che rappresentano l'anima: i colori sono il bronzo che richiama un'anima nobile rafforzata dalle difficoltà (come il bronzo che esposto agli agenti atmosferici forma una patina e si abbellisce), il ruggine per l'anima corrosa dai dispiaceri della vita e il bianco che può rappresentare sia l'anima nuova e candida, sia l'anima che ha completato la sua evoluzione raggiungendo la perfezione.
Le forme impresse sui calchi vengono lasciate non solo dagli oggetti ma anche dalle idee stesse: il solo fatto di aver pensato a qualcuno o a qualcosa ne crea una traccia, un ricordo.
Nell'ultima sala le opere sono esposte al buio, i calchi sono illuminati dall'interno e una luce cangiante esce dalle fessure e dai tagli impressi sulle bende, traspare dalla trama lasciata dalla tela creando qualcosa di nuovo.
Il visitatore percepisce opere completamente diverse a seconda del tipo di luce che le illumina: le forme e il vuoto sono diventati mutevoli e la materia è diventata energia.
Siamo arrivati alla concezione quantistica del vuoto, pensato come un equilibrio dinamico di particelle di materia e di antimateria in continuo annichilimento, che lo rendono un ribollire di coppie di particelle virtuali.
Il calco respira, si muove e rivela l'energia che permea tutte le cose visibili e invisibili.


Rossana Bergamini

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