Il Trittico ritorna a Torre del Lago dopo 40 anni di assenza

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Un gruppo di sole donne ha vinto il bando di gara per la messa in scena dell’opera Il Trittico di Puccini

Il capolavoro pucciniano con i tre atti unici Suor Angelica, Il Tabarro, Gianni Schicchi rappresentati in una unica serata torna in scena dopo 40 anni a Torre del Lago: quattro le rappresentazioni 3-7-21-30 agosto nell’Auditorium Enrico Caruso



L’opera pucciniana Il Trittico, rappresentata nella sua integrità con i tre atti unici Il Tabarro, Suor Angelica e Gianni Schicchi, mancava da Torre del Lago da 40 anni. L’ultima rappresentazione è infatti del 1974, la Stagione che Torre del Lago allestì per l’anniversario dei 50 anni dalla morte del Maestro.

Dal 1974 ad oggi i tre atti unici sono stati via, via, proposti singolarmente nei cartelloni del Festival Puccini; quest’anno, la Fondazione Festival Pucciniano, con una proposta innovativa e soprattutto all’interno di un progetto Puccini 2.0 che mira a valorizzare i giovani, ha deciso di proporre Il Trittico così come Puccini lo aveva pensato, ovvero con la rappresentazione in una unica serata di tutti e tre gli atti. L’ideazione del Progetto per la regia, le scene e di costumi è stata messa a bando con una selezione pubblica che ha visto 28 proposte provenienti da tutta Italia e alcune anche dall’estero. Ad aggiudicarsi il Bando è stata la proposta di una equipe di donne guidata dall’arch. Monica Bernardi che ha firmato le scene, con lei Carla Conti Guglia assistente alla scenografia e ai costumi, Selene Farinelli per il progetto di regia di Il Tabarro, Vittoria Lai e Giorgia Guerra per la regia di Suor Angelica, Elena Marcelli per la regia di Gianni Schicchi e Lorena Marin per i costumi.

Un gruppo di donne, anche amiche tra loro, legate da una grande passione per il teatro lirico che hanno condiviso frequentando un master di primo livello presso l’Opera Academy di Verona, centro nazionale artistico di alta specializzazione sul teatro musicale e coreutico.

Il Progetto artistico aveva come motto (come richiesto dal bando) la frase “METTI DEI BIMBI, DEI FIORI, DEI DOLORI E DEGLI AMORI” tratta da una lettera di Giacomo Puccini a Gabriele D’Annunzio dell’agosto 1912 , periodo in cui tra i due artisti ci fu un nuovo tentativo di collaborazione e Puccini aveva chiesto a D’Annunzio di trovargli “2 o 3 atti teatrali animati da tutte le corde sensibili” e gli scriveva appunto “metti dei bimbi, dei fiori, dei dolori e degli amori”

Il loro progetto ha vinto, sui 14 progetti ammessi, con 82 punti, riscuotendo il miglior apprezzamento sul piano artistico, perfettamente bilanciato con la sostenibilità economica e sulle soluzioni tecniche proposte, che è valsa a quel progetto il punteggio più elevato. La Commissione presieduta dal responsabile artistico Daniele De Plano e di cui facevano parte il regista Renzo Giacchieri, il direttore generale della Fondazione Franco Moretti, il direttore degli allestimenti della Fondazione Massimiliano Bertuccelli, Gian Maria Melillo, assistente alla produzione della Fondazione, Mariella Manfredi responsabile affari generali della Fondazione, con funzioni di segretario, ha lavorato intensamente per 3 giorni per la selezione dei progetti ammessi: 28 le proposte arrivate in Fondazione di cui 14 non formalmente corrette a norma del Bando e 14 proposte selezionate.

“E’ stata una grande soddisfazione- dichiara il responsabile artistico Daniele De Plano- vedere con quanto entusiasmo è stato accolto il nostro progetto PUCCINI 2.0 , un progetto voluto e pensato per valorizzare i giovani, per stimolare energie creative nuove e giovani al servizio del grande patrimonio culturale Pucciniano. I risultati del Bando per l’ideazione de il Trittico e dell’Accademia ci convincono che esiste una grande voglia di fare cultura tra i giovani e su questa strada intendiamo continuare ad investire”. Grande soddisfazione esprime anche la Presidente Adalgisa Mazza- sono particolarmente contenta che ad aggiudicarsi il bando sia stato un gruppo di donne, questa vittoria mette in valore la grande creatività e concretezza delle donne, giovani donne animate da una grande voglia di fare della cultura un motore della società, per la crescita civile ed economica. Ma più di tutto ci riempie di orgoglio - parlo anche a nome di tutti i consiglieri che seguono da vicino le attività della Fondazione- la straordinaria accoglienza che questi nuovi progetti hanno avuto, non ci aspettavamo un numero così importante di proposte. Ringrazio la commissione per l’importante lavoro che ha fatto, consapevoli che non era facile tra le tante interessanti proposte selezionarne una sola.”



La scenografia

Gli elementi scenici sono essenziali e riutilizzati in maniera differente in ognuna delle opere: il Tabarro vede la scena sul molo di un letto di un fiume, in uno spazio d'inizio Novecento non meglio precisato. L'azione si svolge intorno ad un semplice lampione, unico richiamo alla luce. In Suor Angelica lo spazio è definito da due grandi finestre con grate che delimitano gli interni e gli esterni e che all’ingresso della zia Principessa verranno fatte ruotare a vista accentuando il carattere di “prigione”. In Gianni Schicchi, infine, un grande letto occupa gran parte della scena cui fa da sfondo una grande tendaggio a strisce bianche e rosse, che richiama colori della famiglia Donati ma anche una sorta di tendone da circo che allude al carattere burlesco della farsa. Al finale è riservato il tradizionale sfondamento sul paesaggio urbanistico fiorentino.

La regia

L’ideazione, preso atto delle caratteristiche della scena, è stata sviluppata in tre progetti registici distinti, tenuti insieme da un’unica cornice drammaturgica. Riflettendo sulla forte presenza del concetto di infanzia all’interno delle tre opere, si è deciso di rendere quest’ultimo il protagonista della scena: la sua concretizzazione viene effettuata attraverso la presenza di un bimbo che, prima che la musica inizi, si ritrova sul proscenio a frugare tra i bauli del teatro. All’interno di questi trova oggetti legati alle storie che stanno per essere raccontate. I protagonisti de Il Tabarro prenderanno vita solo quando il bambino deciderà di voler ascoltare la loro storia.

Sotto gli occhi del bambino si animano Il Tabarro e Suor Angelica: le prime due opere scorrono come racconti in cui viene evocata la presenza di un bambino attraverso il ricordo delle madri. Questa presenza immaginifica/fisica si carica così di una forte inquietudine e diviene la protagonista principale in due degli snodi cruciali nello svolgersi dell'azione.

In Gianni Schicchi il bambino diventa attore e regista: da un baule estrae abiti colorati in stile medievale e li indossa a scena aperta. E con l’inizio della musica, corre dietro le quinte e trascina sul palcoscenico tutti i personaggi, che si posizionano per l’inizio dell’opera. Anche il bambino prende posto insieme a loro: egli ora veste i panni di Gherardino.

I costumi

Anche a livello visivo ed estetico si è effettuata una scelta forte; considerata la natura totalmente differente delle tre opere, si è deciso di procedere ad una diversificazione cromatica molto marcata dei costumi e delle atmosfere. Le tre opere saranno caratterizzate da un climax ascendente di luci e colori che, da un ipotetico e scuro monotòno de Il Tabarro, arriveranno ad assumere i toni dei colori freddi in Suor Angelica, per giungere infine ad un’esplosione di tinte e sfumature in Gianni Schicchi.

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