Edith Bruck, Ennio Cavalli e Adriano Prosperi, vincitori dell'80° edizione del Premio Viareggio-Rèpaci
Cultura giovedì 27 agosto 2009 0La giuria dell'80a edizione del Premio Viareggio-Rèpaci, riunitasi il 26 agosto 2009 sotto la presidenza di Rosanna Bettarini, ha discusso le tre terne dei volumi relativi alla narrativa, alla poesia, alla saggistica.
Il premio per la narrativa è stato vinto da Edith Bruck, Quanta stella c'è nel cielo, Garzanti
Edith Bruck, Quanta stella c’è nel cielo, Garzanti
«Quanta stella c’è nel cielo» non è un errore, è il primo verso di una ballata amara del giovane Petöfi, il grande poeta ungherese. Quei versi sono tra le poche cose che Anita porta con sé, insieme a molti ricordi laceranti. 
Anita non ha ancora sedici anni. È una sopravvissuta ai campi. È bella, è sensibile, le prove della vita le hanno tatuato l’anima. Sta fuggendo da un orfanotrofio ungherese per andare a vivere a casa di una zia, Monika. Eli, il giovane cognato di Monika, è venuto a prenderla al confine per accompagnarla nel viaggio in Cecoslovacchia, dove si ritrova clandestina in un mondo ancora in subbuglio. Ma tutto questo a Eli non interessa: lo attira solo il corpo di quella ragazza e già sul treno, affollato di una moltitudine randagia, inizia a insidiarla in un gioco cinico e crudele.
Quanta stella c’è nel cielo è un romanzo dai risvolti inattesi. Racconta come si possa tornare dalla morte alla vita. E come, a volte, il cammino per ritrovare la speranza possa seguire trame imprevedibili.
Edith Bruck offre in queste pagine la storia palpitante di un’epoca cruciale del dopoguerra, quando tutto era in fermento tra mille difficoltà. Un’altissima meditazione sulla speranza, sulla straordinaria forza e fragilità di chi va verso una rinascita. E la grande capacità della Bruck è il risvegliare violente emozioni nel lettore.
Edith Bruck (Ungheria, 1932) è una scrittrice e poetessa ungherese naturalizzata italiana.Nata in Ungheria nel 1932 da una poverissima famiglia ebrea, dopo l'internamento in un campo di concentramento si stabilisce per alcuni anni in Israele e poi dal 1954 in Italia dove inizia un lungo sodalizio sentimentale ed artistico con il poeta e regista Nelo Risi. Nella sua narrativa la passione, il dissidio, la perdita, diventano causa di improvvise trasformazioni della persona.
Il premio per la poesia è stato vinto da Ennio Cavalli, Libro Grosso, Aragno
Ennio Cavalli, Libro Grosso, Aragno
«Un viaggio dell’ascolto per vicoli e foreste, con qualche fermata nel deserto». Così Ennio Cavalli definisce Libro grosso, che riunisce Libro di storia e di grilli, Libro di scienza e di nani, Libro di sillabe. «Nel primo dei miei libri», scrive l’Autore, «per storia intendo i momenti dell’anima, gli estri sfrontati, gli azzardi collettivi che ci hanno resi così come siamo. Nel secondo, scienza sta anche per coscienza, fisica si allarga a metafisica. Mentre Libro di sillabe è un abbecedario di raduni, riporta a valle i frutti del ghiacciaio: parole e rimandi, radici e strappi». Due sussidiari e un sillabario, per stanare “l’infanzia delle cose”. Un De rerum natura di straordinaria luce. Con un’ampia serie di inediti come finestra sul nuovo.
Ennio Cavalli è nato a Forlì nel 1947. Inviato speciale e caporedattore del Giornale Radio Rai, vive a Roma. Tra le sue raccolte di versi, Naja tripudians (prefazione di A.M. Ripellino, 1976), Po e Sia (1991, in cinquina al premio Viareggio), Libro di storia e di grilli (1996, premio Montale), Libro di scienza e di nani (prefazione di R. Roversi, 1999), Bambini e clandestini (con una nota di Erri De Luca, 2002), in cinquina al Viareggio e premio Pisa) e, nel 2008, finalista al Premio Viareggio con L’imperfetto del lutto, (Aragno).
Il premio per la saggistica è stato vinto da Adriano Prosperi, Giustizia bendata, Einaudi
Adriano Prosperi, Giustizia bendata, Einaudi
La benda sugli occhi, un attributo dell’immagine simbolica della giustizia come donna, è al centro del percorso disegnato nelle pagine di questo libro. Se in una celebre poesia di Edgar Lee Masters se ne fa uso per criticare la cecità delle corti e l’arbitrarietà delle sentenze, la benda appare nell’iconografia ufficiale la garanzia dell’imparzialità e incorruttibilità dei giudici. 
Di questo attributo viene qui ricostruito l’atto di nascita nel 1494, la rapida diffusione nel contesto dell’età della Riforma protestante e la fortuna successiva. Indagando le ragioni di tanta e così rapida fortuna (che non toccò però l’Italia) se ne è individuata quella fondamentale nella potente suggestione religiosa della narrazione evangelica di Gesú bendato e deriso: un modello di sofferenza e di perdono che dette nuovo impulso alla figura della dea Giustizia trasmessa dal paganesimo antico alla cultura dell’Europa occidentale. Risulta evidente, dalla ricostruzione dei percorsi dell’immagine, che in essa si sono incontrati e sovrapposti temi diversi e spesso conflittuali: la domanda di misericordia, la speranza nel risarcimento ultraterreno per tutte le vittime dell’ingiustizia, la promessa di incorruttibilità dei giudici, la protesta contro gli errori della giustizia umana. Dopo l’attesa medievale del Giudizio universale, l’esigenza della giustizia imparziale dominata dallo sguardo di Dio trovò la sua incarnazione nell’asserita investitura divina dei poteri politici e religiosi. Per dare poi vita nel Settecento all’idea del tribunale della pubblica opinione come espressione sostitutiva dell’antico simbolo dell’occhio di Dio. Ma nel mondo contemporaneo la spettacolarizzazione di crimini e processi si accompagna a una crisi della giustizia che sembra destinata a rendere nuovamente attuale e problematico il simbolo della benda.
Adriano Prosperi (Cerreto Guidi, 21 agosto 1939), storico italiano. Laureatosi e perfezionatosi alla Normale di Pisa, dove, negli stessi anni di Carlo Ginzburg, è stato allievo di Delio Cantimori e Armando Saitta. Dopo aver insegnato Storia moderna presso l'Università della Calabria, l'Università di Bologna e l'Università di Pisa, dal 2002 insegna Storia dell'età della Riforma e della Controriforma presso la Scuola Normale Superiore di Pisa. I suoi principali interessi di ricerca riguardano la storia dell'Inquisizione romana, la storia dei movimenti ereticali nell'Italia del Cinquecento, la storia delle culture e delle mentalità tra Medioevo ed età moderna.È membro dell'Accademia Nazionale dei Lincei.
Editorialista de “La Repubblica”; ha collaborato con le pagine culturali del “Corriere della Sera” e de “Il Sole 24 Ore”.
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