I genitori del bambino con la sindrome di Apert fanno causa al ginecologo.

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Il tribunale nega la richiesta danni

Ricorso in Corte d’Appello a Firenze contro la decisione del tribunale monocratico di Viareggio che ha respinto la richiesta di risarcimento danni inoltrata dai genitori relativamente alla triste vicenda del loro figlio nato con la Sindrome di Apert, grave e rara patologia che provoca malformazioni al feto, con alterazioni al cranio, disfunzioni cardiocircolatorie e soprattutto sindattilia alle mani e piedi. Che in altri termini significa mani e piedi da palmimede.

La triste storia risale all’ 11 agosto del 2000 quando “Luca” – il nome è di fantasia – viene alla luce all’Ospedale Unico “Versilia” . L’Asl riconosce il piccolo come persona invalida, con necessità di assistenza continua in quanto impossibilitato a compiere anche i più elementari movimenti, non potendo usare mani e piedi. “La madre – si legge nell’atto di appello – era stata seguita fin dall’inizio della gravidanza dal primario Giovanni Paolo Cima che, nonostante le varie ecografie, durante tutto il periodo di gestazione non aveva mai riscontrato anomalie e nonostante che i genitori avessero chiesto spiegazioni sulla strana conformazione del cranio del bambino il medico non aveva ritenuto di prescrivere ulteriori e più approfonditi esami”.

Il calvario, fatto di interventi sia in Italia che all’ estero, in cliniche specialistiche, per correggere le malformazioni al cranio e agli arti, non è mai finito: oltre al fatto che per stare vicini al loro figlio la madre ha dovuto lasciare il proprio lavoro, e il padre cambiarlo. “Abbiamo appellato la sentenza di primo grado – afferma l’avvocato Fabrizio Miracolo che segue il caso – in quanto erronea, contraddittoria e carente nella motivazione in ordine alla asserita mancanza di inadempimento nel comportamento del medico”. Il giudice monocratico, riportandosi integralmente alle conclusioni del Consulente Tecnico che aveva ritenuto il comportamento del dottor Cima conforme alle “leges artis”, aveva infatti sentenziato che il sanitario non fosse stato inadempiente circa il suo obbligo di informazioni sulle possibili malformazioni del nascituro.

“Sembra assai strano – sostiene il legale – che dalle sofisticate apparecchiature il ginecologo non sia sia accorto della gravissima malformazione ai piedi e alle mani, oltre al naso a sella tipico della sindrome di Apert che non è facilmente rilevabile nelle prime settimane di gestazione ma successivamente si, e il dottor Cima doveva accorgersene usando la normale diligenza e informando la gestante per darle la possibilità di una scelta consapevole di interrompere la gravidanza con un aborto terapeutico, così come prevede la legge 194 del ’78”. Il trauma subito da entrambi i genitori, che si sono trovati senza nessuna preparazione psicologica di fronte alla nascita di un figlio menomato, è stato enorme. E ne sono prova i certificati di stati ansiosi e depressivi prodotti in giudizio. Il parere tecnico fatto predisporre per l’appello porta la firma del luminare di Viterbo professor Giampaolo Palla che è giunto alla conclusione che “ la maggioranza dei ginecologi ecografisti avrebbe riconosciuto – nell’ecografia del 2° trimestre – almeno le anomalie del cranio e avrebbe inviato la paziente a un centro ecografico di II° livello, per una indagine più raffinata al fine di formulare una diagnosi”.

E secondo Palla “ deve essere formulata in capo al dottor Cima una censura per imprudenza e per imperizia per non essere stato in grado mediante le ecografie di evidenziare le molteplici malformazioni del feto affetto da sindrome di Apert”. “Nell’ipotesi che Cima abbia osservato le malformazioni – aggiunge il consulente – e non abbia voluto informare la madre la censura è per dolo, che è colpa grave”. La decisione è ora nelle mani dei giudici fiorentini.

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