Successo per la Manon Lescaut. Replica il 6 settembre

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Successo per la Manon Lescaut. Replica il 6 settembre
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La protagonista Maria Josè Siri conclude l’esecuzione da seduta dopo l'incidente in scena

TORRE DEL LAGO - Grande successo ed entusiasmo per il quinto e ultimo debutto 2025 del 71° Festival Puccini di Torre del Lago-Viareggio: sabato 30 agosto è andata in scena Manon Lescaut nella celebre produzione del 2002 firmata dall’artista Igor Mitoraj.

Superate le incerte condizioni metereologiche dei giorni e delle ore precedenti, con un ampio arcobaleno che per vari minuti dopo le ore 19 ha unito poeticamente le sponde del lago di Massaciuccoli, il pubblico ha preso posto nel Gran Teatro tributando sin dal primo atto lunghi applausi al direttore, il viareggino Valerio Galli, e a tutto il cast composto, anche per questo titolo, da interpreti di fama internazionale, molti al debutto nel Festival: Maria José Siri (Manon Lescaut), Luciano Ganci (Des Grieux), Claudio Sgura (Lescaut), Giacomo Prestia (Geronte di Ravoir), Paolo Antognetti (Edmondo), Matteo Mollica (L’oste), Alessandra Della Croce (Un musico), Nicola Pamio (Il maestro di ballo), Manuel Pierattelli (Un lampionaio), Roberto Rabasco (Sergente degli arcieri), Omar Cepparolli (Il comandante di marina).

Prendendo posizione prima dell’inizio dell’ultimo atto, Maria José Siri ha avuto però un incidente nei pressi del grande torso immaginato da Igor Mitoraj per la scenografia conclusiva. Dopo gli immediati soccorsi e circa quindici minuti di pausa non previsti, il soprano ha deciso comunque di portare a termine l’opera da seduta. Accolta da un fragoroso applauso, Maria Josè Siri ha interpretato con grande intensità il grande duetto con cui si chiude Manon Lescaut, insieme a Luciano Ganci, adattando la regia di Daniele De Plano all’imprevisto: una scena fortemente drammatica che culmina nell’aria del soprano “Sola, perduta, abbandonata” e quindi nella sua morte nel deserto americano.

La Fondazione Festival Pucciniano, insieme al pubblico, ringrazia sentitamente Maria José Siri per la generosità e il prezioso impegno con cui ha portato a termine lo spettacolo.

Manon Lescaut (in replica il 6 settembre) – dramma lirico in quattro atti su libretto ispirato al romanzo di Antoine-François Prévost – andò in scena per la prima volta al Teatro Regio di Torino il 1° febbraio 1893 e fu il primo grande successo di Puccini. Per questo ritorno in scena nel Festival sulle sponde del Lago di Massaciuccoli, a pochi passi dall’amata residenza del compositore, si è scelto di riproporre l’allestimento del 2002 ideato dallo scultore polacco Igor Mitoraj, autore di scene e costumi (ripresi rispettivamente da Luca Pizzi e Cristina Da Rold) con la regia di Daniele De Plano; luci di Valerio Alfieri. I grandi volti blu di Mitoraj – sottoposti in questi mesi a restauro e che molti ricorderanno anche per essere parte del Parco della Musica e della scultura intorno al Gran Teatro all’aperto – tornano quindi in scena delineando uno spazio metafisico, solenne e sospeso, dove dialogano con la tragedia di Manon. L’atmosfera è atemporale, con una regia solenne che punta sull’impatto visivo delle forme e sulla loro carica simbolica, trasformando la vicenda in una parabola universale di caduta e perdizione. Il Coro del Festival Puccini è diretto da Marco Faelli.

«Manon Lescaut ventidue anni dopo averla realizzata – scrive Daniele De Plano – per la prima volta nel Teatro a cui sono, in assoluto, più legato. Manon Lescaut con le scene e i costumi, ora come allora, di Igor Mitoraj, amico, maestro e fonte di ispirazione perpetua del mio agire artistico. Questa la sfida, questa la mia ansia. Ora come allora un’ansia costruttiva, quella che muove a tirare le fila di un discorso più grande di una messa in scena, un discorso che riguarda il concetto stesso di Arte e in cui i protagonisti dell’opera sono archetipi».

«Era il 2002 – ricorda nelle note di sala Luca Pizzi – : il maestro, come scrisse all’epoca Roberto Bernabò, “si è immerso avidamente nella lettura di Manon Lescaut. Un’immersione di intelletto e sensi che ha portato il trasferimento di Manon dai luoghi classici dell’iconografia pucciniana a una dimensione poetica in cui classici e modernità, attraverso tanti volti senza volto, si trasformano in un percorso carico di suggestione e drammaticità. Una composizione dai toni potenti e coinvolgenti, proprio come quelli che provengono dal pentagramma pucciniano”. Così il maestro, nel mettere in scena la Manon Lescaut, ha unito la sua arte con quella di Puccini, confondendole in un unicum attuale ancora oggi e decidendo di portare le sue sculture sul palcoscenico. Ventidue anni fa ero il suo assistente scenografo, oggi ho l’onore e la responsabilità di rimetterlo in scena, ma adattandolo alle nuove esigenze di palco. Abbiamo lavorato molto sui cambi di scena, cercando di concentrarci, soprattutto nel passaggio dal terzo al quarto atto, su un solo cambio che renda il tutto molto veloce, per non far aspettare troppo gli spettatori. Per la parte estetica ho cercato di rispettare il più possibile quello che aveva fatto Mitoraj, adattandolo al nuovo palcoscenico».

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