Seravezza, sulle allerte meteo interviene il sindaco Alessandrini
Seravezza giovedì 30 ottobre 2025 0
SERAVEZZA - Alla luce del frequente ripetersi di eventi meteo di una certa rilevanza e dei commenti che la loro gestione suscita di solito, mi sembra importante tornare sull’argomento degli allertamenti per gli stati di criticità previsti in occasione di fenomeni meteorologici intensi.
L’esperienza ci insegna che ogni volta che c’è da prendere provvedimenti di chiusura preventiva delle scuole, il mondo dei commentatori sui social si divide fra chi si domanda perché mai ci sia da chiudere, chi ritiene queste chiusure inutili allarmismi, chi mi chiede perché questa scuola sì e quell’altra no, perché noi non chiudiamo visto che a Massa o a Camaiore hanno chiuso e viceversa… c’è infine, grazie a Dio, anche chi si limita a comprendere e a ringraziare perché considera importante rispondere comunque con grande cautela e attenzione a un problema così importante quale quello della sicurezza dei nostri ragazzi.
Ovviamente, tutti i pareri e tutti i giudizi sull’operato di un sindaco che adotta provvedimenti urgenti, hanno le loro motivazioni e sono tutti in qualche modo comprensibili, anche se spesso contrastanti tra loro. Personalmente li accetto tutti come un contributo di riflessione. E accetto anche il commento goliardico dello studente delle scuole superiori che mi chiede se lui deve andare con la canoa nella sua scuola che ho lasciato aperta, mentre un’altra scuola è stata chiusa. Va tutto bene, i pareri, anche se critici, vanno sempre ascoltati.
Per comprendere appieno il problema dei provvedimenti urgenti, tuttavia, occorre stabilire alcuni punti fermi, alcuni aspetti dirimenti che devono valere per tutti e che indirizzano inevitabilmente il comportamento della pubblica amministrazione.
?????????? ??????????????: un avviso di criticità non è la previsione meteo della sera in tv, non è il colonnello dell’Aeronautica che ci dice se domani mette pioggia o no. L’avviso di criticità è un’informazione urgente che perviene al comune dagli enti istituzionali che si occupano di analisi previsionale e di valutazione della pericolosità idrogeologica, ed ha carattere cogente, ossia determina per chi lo riceve un obbligo inderogabile di azione e di intervento a livello di prevenzione. Tanto è vero che l’avviso arriva via PEC, in modo che uno non possa dire di non averlo ricevuto o letto, perché la comunicazione ha valore di notifica. L’avviso è curato e validato in modo minuzioso da esperti che al termine di una lunga analisi dei dati disponibili, emettono un verdetto previsionale che viene trasmesso a tutti gli organi periferici fra cui i Comuni, ma non solo: Prefetture, Geni civili, Consorzi di bonifica, ASL, ENEL e tanti altri. Tutti gli enti che hanno la gestione di servizi di pubblica necessità, devono essere raggiunti dalla comunicazione di allerta.
Ora, nel momento in cui un sindaco riceve un avviso di criticità con allerta colorato, la responsabilità della sicurezza dei cittadini viene automaticamente a gravare su di lui, qualsiasi cosa faccia o non faccia. Per cui, se il sindaco chiude una scuola o se non la chiude, attira comunque su di sé le responsabilità giuridiche (penali e civili) di quella scelta, che quindi non è mai una scelta banale, e non può essere legata a sensazioni o convinzioni personali, ma a dati tecnici verificabili, e dunque si tratta comunque di una scelta sofferta e non priva di incertezze e di timore di sbagliare.
Il ?????????????? ?????????????? riguarda le colorazioni delle allerte.
Giallo, arancio e rosso sono colorazioni tutte importanti. Esse, oltre che per la gradazione di intensità o di pericolosità intrinseca, vanno distinte per la certezza e la stabilità definitiva della previsione e per l’estensione probabile del danno atteso.
In altre parole, non è che con il giallo non siano prevedibili vittime: è più difficile però individuare spazialmente in che punto esatto potrebbe verificarsi un danno grave. Ad esempio, è successo più volte che fenomeni previsti sulla zona spezzina o carrarina, siano piombati invece su Massa e la Versilia o anche più giù, e viceversa. Molto dipende anche dalla direzione e dalla variabilità del vento.
Con il colore arancione, questa alea di incertezza tende a sparire, e il previsore ha in sostanza la ragionevole convinzione che l’area di nostro interesse verrà colpita da un fenomeno rilevante.
Con il colore rosso, oltre alla certezza della previsione e della sua grave intensità, si ha la consapevolezza che l’estensione enorme del fenomeno non lascerà fuori nessuno, la nostra zona rientrerà senz’altro in una più ampia porzione di territorio regionale che verrà colpito.
Ma non bisogna mai cadere nel tranello di stabilire solo una scala di gravità tradizionale fra i colori. Per paradosso, infatti, con una allerta gialla, che richiede un generale stato di vigilanza, potrebbe succedere che in un punto particolare del territorio un canale tombato male oppure uno scantinato abitato o frequentato, possano essere invasi da acqua e fango e provocare vittime, mentre magari tutto intorno lo stesso fenomeno non va a produrre esiti particolarmente gravi. Così come può accadere che fenomeni molto intensi ed estesi previsti con allerte rosse o arancioni, si concretizzino in danni diffusi su un ampio territorio, ma senza che si registrino vittime. Ogni colore va quindi sottoposto a valutazione locale molto attenta per suscitare le migliori attività di prevenzione e di difesa. Una valutazione che ovviamente risente della particolare conformazione del nostro territorio, del ruolo dinamico della sua popolazione e della esposizione di vite umane al rischio atteso.
?????????? ??????????????. Le allerte non sono tutte uguali nella fenomenologia annunciata. Nel rischio idraulico e idrogeologico, ad esempio, alcune criticità interessano il reticolo maggiore, e quindi ci sarà possibilità di esondazione dei nostri fiumi principali, come il fiume Versilia coi suoi affluenti principali oppure la Bonazzera; un altro tipo di criticità può interessare il reticolo minore, e dunque, per quanto ci riguarda, i canali e i fossi di montagna, che possono riversarsi in modo incontrollato verso il fondo valle portando con sé frane, crolli di piante e interruzioni stradali. Infine, come nel caso dell’ultima allerta dei giorni scorsi, può esserci una criticità dovuta al temporale e al vento (e che va legata in genere a quella idraulica del reticolo minore) che può determinare con le sue mareggiate sostenute dal libeccio di coda, il crollo di alberi, soprattutto se inzuppati di acqua.
???????????? ??????????????. Riguarda le pluviometrie attese, che quasi nessuno indaga bene quando si viene a sapere della chiusura di una scuola. Una delle indicazioni più raffinate oggi consentite dai modelli matematici utilizzati in previsione meteo, è la quantità di millimetri che in un determinato numero di ore o durante l’intero fenomeno possono cadere su un’area approssimativamente determinata. Questa possibilità ci aiuta molto nel prendere decisioni. All’epoca della nostra alluvione in Alta Versilia, questa disponibilità non c’era. Nel 1996, senza che mai avesse piovuto prima e senza che fosse pervenuta alcuna previsione di criticità pluviometrica, sotto il nubifragio il pluviografo di Pomezzana registrò 474 millimetri in sole quattro ore. E fu alluvione nel Vezza.
Oggi a distanza di trenta anni, tante cose sono cambiate. L’avviso di criticità che accompagna l’allerta colorato può dirci, ad esempio, che nell’area della Versilia potranno cadere 80/100 millimetri in n/ore, e che alla fine il rinforzo di libeccio che chiude la perturbazione soffierà con raffiche di 80/100 all’ora…
A quel punto sorge per il Comune l’esigenza di raffinare ulteriormente il dato in riferimento alla situazione locale, e di supportare la responsabilità decisionale del sindaco mediante una valutazione cauta e minuziosa degli effetti possibili del fenomeno atteso sul nostro territorio e sulla sua popolazione in movimento.
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Nell’ultimo caso dei giorni scorsi, vediamo come si è ragionato. Essendo l’avviso di criticità emanato a carico del reticolo minore e del rischio successivo di una forte libecciata, si è deciso che:
a) per la montagna, che era già costipata da ore e ore di pioggia intensa dei giorni precedenti, con un totale già assorbito di circa 170 millimetri d’acqua in due giorni, la previsione di ulteriore pioggia, anche non eccessiva, seguita dalle raffiche di libeccio in coda, non può che determinare la scelta di chiudere la scuola di Basati e di non far circolare gli scuolabus in montagna, nella ragionevole certezza che cadranno sulle strade alberi o massi (cosa puntualmente verificatasi, e proprio nel tipico orario di passaggio degli scuolabus).
b) Per Seravezza capoluogo, iniziando il fenomeno piovoso verso le 10 e il vento dopo le 14, si è deciso di tenere aperte le scuole, al cui interno i ragazzi stanno al sicuro.
c) In pianura, se non è interessato il reticolo superiore del fiume Versilia, si soffre soprattutto di brevi allagamenti fognari stradali subito removibili, e di rari momenti di congestionamento dei sottopassi legati alla sproporzione momentanea fra l’acqua che entra fortissima e quella che esce con le pompe, e dunque raramente si ravvisa la necessità di chiudere le scuole.
Ecco, detto grossolanamente, il criterio da seguire da parte del sindaco e dei suoi collaboratori, in mezzo a decine di riscontri strumentali e di telefonate di conferma con le strutture operative e previsionali.
Dunque, da qui si può capire come la decisione del sindaco di chiudere una scuola non sia mai una sua scelta vagamente discrezionale, ma costituisca anzi una scelta molto sofferta. Tanto più sofferta sarà poi la scelta di lasciare una scuola aperta, dato che nel caso malaugurato di errore nella previsione o nel monitoraggio del fenomeno, vi è una maggiore esposizione degli studenti agli esiti possibili del maltempo.
È chiaro che di fronte a questa composizione di decisioni talora contrastanti, il cittadino si interroghi. Perché le scuole non le chiude tutte? E perché non chiude le strade e sia finita lì? Perché l’altro comune non ha chiuso le scuole e il nostro sì, o viceversa?
Bisogna sempre ricordare che la scuola è un pubblico servizio molto importante, che può essere interrotto solo a ragion veduta, e non semplicemente per le cautele di un sindaco che chiudendo tutto per sicurezza, si metta così al riparo da ogni tipo di responsabilità. La giornata scolastica interessa anche lavoratori dello Stato (docenti e personale ATA) e altri soggetti a servizio del sistema come gli autisti di scuolabus o le mense scolastiche, e dunque il potere stringente dell’ordinanza sindacale va utilizzato in modo proporzionale al tipo di obiettivo che si ritiene doveroso raggiungere, comprimendo il meno possibile il diritto dei terzi.
Qui veniamo all’altra domanda tipica che mi viene rivolta: perché di fronte a un rischio conclamato, non chiudi tutte le strade e lasci tutti a casa? Partendo dalla riflessione fatta qui sopra, devo specificare che un adulto non si trova nelle condizioni di fragilità dei ragazzi, che dipendono totalmente da un sistema scolastico che ne organizza la vita momento per momento e dunque non possono interagire con le decisioni o adattarsi ad esse.
Gli adulti hanno invece proprio la capacità di adattamento, ossia la facoltà di verificare le informazioni e decidere se restare casa e non andare al lavoro, se scegliere un orario più consono per uscire, se dare e ricevere ulteriori informazioni, se utilizzare ogni tipo di canale di comunicazione, se andare a piedi invece che in auto… in generale, l’adulto può essere addirittura una parte proattiva del sistema di prevenzione del rischio adottando comportamenti appropriati che si basano principalmente sulla correttezza delle informazioni ricevute all’inizio e su quelle in progress, e ovviamente sulla propria esperienza e conoscenza del territorio. Infine va messa in conto positivamente l’assistenza costante, durante l’evento in corso, delle strutture operative della protezione civile comunale e delle ditte specializzate negli interventi sulle strade, che rimuovono in tempo reale, anche di notte, le interruzioni stradali provocate dalla caduta di alberi.
Per inciso, è bene sapere che in questi ultimi anni, fra quelle tolte per motivi di precauzione e quelle rimosse dopo una caduta, sono state tagliate e portate via dalla strada della montagna circa 400 piante, una cifra che dà la misura della serietà del problema e anche del fatto che il comune è generalmente solo in questa difficile gestione dell’urgenza, nonostante le tante ordinanze fatte nel tempo ai privati.
D’altro canto, bloccare ogni volta la vita ordinaria di chi lavora o deve accedere ai servizi, non può essere l’unica via per affrontare i pericoli, e dunque il sindaco ogni volta che c’è un’allerta deve assumersi una sua quota di rischio di responsabilità modulando e settorializzando i provvedimenti più stringenti. Ovviamente, non è da escludersi che prima o poi il sindaco sia costretto, per la particolare gravità di un pericolo annunciato, a chiudere ogni tipo di comunicazione stradale per alcune ore, oltre alle scuole, ai cimiteri e altri servizi pubblici. Fino ad ora, grazie al cielo, si è ritenuto che queste condizioni estreme non esistessero, anche tenendo conto che la nostra popolazione è profonda conoscitrice dei luoghi e possiede un ottimo adattamento che le consente di convivere con la frequenza di certi fenomeni e di utilizzare comportamenti maturi ed appropriati per assicurare la propria salvaguardia anche nelle fasi severe di un evento, nonché di collaborare attivamente col sistema comunale di protezione civile attraverso l’uso degli utilissimi gruppi Whatsapp.
Infine, non può distrarre più di tanto il sindaco dalle sue decisioni, il fatto che altri Comuni abbiano o non abbiano adottato nella stessa occasione provvedimenti similari. Seravezza è Seravezza, e ha bisogno di rispondere coi suoi strumenti, e solo coi suoi, perché ha una specificità che richiede una valutazione puntuale e personalizzata. Del resto – come dicono gli anglosassoni – “There is no one model respons to disaster”, per cui non c’è niente di sbagliato se si osservano risposte apparentemente contrastanti assunte in territori anche abbastanza vicini tra loro.
Ecco spiegato perché, nonostante io vi presti la massima attenzione, non posso seguire se non di rado le richieste o le critiche che mi arrivano sulla pagina Facebook del comune quando si comunica la chiusura di qualche scuola. La decisione del sindaco deve sempre fondarsi, volta per volta e “a ragion veduta”, solo sull’analisi tecnica delle previsioni ricevute e sul monitoraggio certosino dell’evento, fin dal suo primo manifestarsi. Ed è normale che quella decisione costituisca per il sindaco un atto che lo sottopone, per legge, a una forte responsabilità, alla quale nessuno intende sottrarsi.












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