Leo Gullotta in 'L'uomo la bestia e la virtù'

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22 marzo

Stagione di prosa Teatri della Versilia

TEATRO POLITEAMA DI VIAREGGIO
GIOVEDI 22 MARZO ore 21.15

Nuova Teatro Eliseo

Leo Gullotta in L'UOMO, LA BESTIA E LA VIRTU' di Luigi Pirandello
con Carlo Valli e Antonella Attili
e con Gianni Giuliano, Silvana Bosi, Bruno Conti, Valentina Gristina, Federico Mancini, Armando Pizzuti, Gianni Verdesca
regia di Fabio Grossi

Prevendita biglietti da martedi 20 presso il botteghino del teatro con orario 17-19. Informazioni tel.0584.966339

Graffiante satira delle ipocrisie e del perbenismo borghese. Un grottesco con tanto di triangolo, in cui si mescolano, per quieto vivere, sesso e ipocrisia sociale.
Scritta nel 1919, questa che Pirandello stesso definisce un apologo, dà, rileggendola oggi, la possibilità di centrare il quesito: è diversa la Bestia perché “diversa”, o sono Bestie tutti coloro che la considerano tale? Protagonista il professor Paolino (l’Uomo), un rispettabile insegnante che ingravida la virtuosa signora Perella (la Virtù), durante una delle frequenti assenze del marito (la Bestia). In un susseguirsi di scene non prive di angosciosa suspense per i due amanti, emerge perfidamente la vis comica pirandelliana.
La commedia è tra le più rappresentate e meglio accolte dal pubblico, probabilmente per le sue esteriori apparenze di pochade che ne nascondo l'intima drammaticità e il suo più valido e intrinseco significato: quello di una satira graffiante delle ipocrisie e del perbenismo borghese, satira che la rende attuale ancora oggi a ottantacinque anni di distanza. Tratta dalla novella Richiamo d'obbligo fu rappresentata per la prima volta nel maggio del 1919 dalla compagnia di Antonio Gandusio, e ben presto tradotta e messa in scena anche all'estero: in Spagna, Polonia, Ungheria, ma anche a Berlino e Praga, Atene e New York, e nel 1931 a Parigi con Marta Abba. Un successo insperato - visto il dissenso registrato alla “prima milanese” e la rimozione dalle scene italiane durante gli anni del fascismo - per questo testo considerato “triviale”, anche se, nel 1922, il critico Silvio D'Amico esprime un giudizio favorevole: “ Tutto è trattato con spirito originale, e in tutto s'avverte un sapore acre e nuovo non conosciuto nel nostro teatro prima che Pirandello v'apparisse ”.
Ma dagli anni Cinquanta, “l'iniezione di veleno” di quest'opera, considerata da Pirandello stesso “ una delle più feroci satire che siano mai state scritte contro l'umanità e i suoi valori astratti ”, non offende più ed è un susseguirsi di successi. L'intreccio è molto semplice: il “trasparente” professor Paolino (l'uomo), un insegnante onesto e rispettabile, che dopo aver reso madre “la virtuosa signora Perella” durante una delle frequenti assenze del marito ammiraglio, costringe quest'ultimo, infedele e insensibile al fascino della moglie, e perciò definito “la bestia”, a compiere - contrariamente al suo solito - il proprio dovere coniugale: mezzo per raggiungere tale scopo una torta afrodisiaca appositamente preparata.
In un susseguirsi di scene non prive di angosciosa suspense per i due amanti, la vis comica di Pirandello emerge pienamente: il nascituro avrà un padre legittimo, la virtù della signora Perella e la rispettabilità del professor Paolino continueranno ad essere inattaccabili. L’onestà intaccata dalla mistificazione, la virtù unita all’artificio, l’etica ridotta a istrionica contraffazione, a una morale posticcia: L’uomo, la bestia e la virtù, che Luigi Pirandello propose per la prima volta sulle scene nel 1919, è uno spettacolo in grado di mostrare i quotidiani comportamenti che alterano e nascondono pulsioni, umori, scelte.
Un testo che fa riflettere sulle ipocrisie umane ma che è pieno di battute, di momenti felici in grado di far divertire il pubblico, operazione che riesce al meglio a Leo Gullotta che può contare su un ritmo in grado di travolgere lo spettatore.
Attore di lungo corso sia nella prosa più impegnata che in quella brillante, al Bagaglino, protagonista di numerosi film di De Sica, Pingitore e altri registi di fama, Gullotta approda per la prima volta a Bolzano con questo spettacolo firmato da Fabio Grossi che ne esalta anche la sicilianità, non dialettale, e il linguaggio pirandelliano. Con il suo inconfondibile senso dell’humor e con la sua classe cristallina Leo Gullotta, dimostra in questo caso, di essere duttile, versatile e poliedrico come pochi altri attori della scena italiana. Paolino (Leo Gullotta) mite e stimato classicista vive segretamente una relazione con la signora Perella, sposata a un fedifrago e iroso capitano di nave. Messala in cinta Paolino cerca di evitare lo scandalo e la pubblica riprovazione inducendo l’uomo, restio a dormire con la moglie e, quindi, a compiere i propri doveri coniugali, a condividere il talamo nuziale nell’unica notte che trascorre a casa al ritorno da un lungo viaggio, previa somministrazione di afrodisiaco, per potergli attribuire la paternità del nascituro.
Lo spettacolo, prodotto dal Teatro Eliseo, sottolinea i meccanismi della pochade e insinua l’amarezza del conflitto tra apparenza e sostanza: essere e agire rispondono a una duplicità irriducibile. Pietà, erotismo, riverenza, blando cinismo confluiscono alla perfezione nel personaggio di Paolino che sulla scena si muove con semplicità relazionandosi direttamente con il pubblico, con il quale, a tratti, sembra colloquiare.
Lo spettacolo è incisivo, divertente, sicuramente moderno nella rilettura di questo classico pirandelliano. Commedia e insieme tragedia, parabola e anche vaudeville, l’opera di Pirandello si avvale di un cast di prim’ordine oltre che di un protagonista d’eccezione.
Belle anche le scelte scenografiche dello spettacolo, in particolare l’enorme testa femminile di anfora smalatata siculo-greca che troneggia al centro del palco e che aprendosi ospita prima lo studio del professore, poi la sala da pranzo con terrazza del capitano Perella.

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