Claudia Cardinale in "Lo zoo di vetro"

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24marzo

Stagione di Prosa Teatri della Versilia

TEATRO DELL'OLIVO DI CAMAIORE
SABATO 24 MARZO ORE 21.15

FOX & GOULD produzioni
presenta

CLAUDIA CARDINALE
in
LO ZOO DI VETRO
di
TENNESSEE WILLIAMS
traduzione di Gerardo Guerrieri
adattamento di Andrea Liberovici

con

IVAN CASTIGLIONE
ORLANDO CINQUE
OLGA ROSSI

regia di
ANDREA LIBEROVICI
scene Lucia Goj
costumi Silvia Aymonino
musiche Andrea Liberovici
luci Sandro Sussi

LO ZOO DI VETRO

Lo zoo di vetro è una pièce ambientata nel Sud degli Stati Uniti, in una terra trafitta dal sole, chiusa in sé e refrattaria a qualsiasi cambiamento.

Eppure, anche in questo Eden paradossale e aspro, si avverte la presenza dello spirito della guerra da poco conclusa che ancora aleggia sui campi di battaglia
Lo stesso luogo evocato nel titolo, lo zoo, riunisce in sé le idee di protezione e prigionia, rimanda ad esseri vivi ma in gabbia, curati eppure schiavi.

Questo zoo, per di più, è di vetro: di un materiale fragile per natura, che rende la situazione ancora più beffarda.

E’ questo suo essere una metafora moderna ed eterna che dona all’ opera di Tennessee Williams un valore extratemporale.

Tuttavia, Williams sceglie di collocare il proprio testo in una preciso spazio e in un preciso tempo: è in uno Stato del Sud, nell’epoca post-bellica, che si svolgono le vicende di una famiglia decaduta, i Wingfield.

Amanda ricorda di quando era una ragazza affascinante e sicura di sé e guarda con pietà alla sua attuale condizione: ora ha un figlio, Tom, ed una figlia zoppa e fragile, Laura.

E’ Laura a custodire con immensa cura la collezione di piccoli animali di vetro che dà il nome e il senso all’intero dramma.
Non è un caso che, fra tutti i suoi animali, Laura ami particolarmente un unicorno, simbolo dell’inconsistenza delle illusioni.

La madre Amanda tenta di contrastare questa fragilità con un tenace vitalismo e convince il figlio Tom ad invitare a pranzo uno dei suoi amici, sperando che dall’incontro con Laura possa nascere un rapporto, un dialogo, un’amicizia, qualcosa che provochi un cambiamento.

Tom invita Jim O’Conor, la personificazione dell’ideale di Laura, l’unicorno del suo zoo di vetro.

Jim è educato, cortese, impeccabile, insomma perfetto…e fidanzato già da tempo con una brava ragazza cattolica e irlandese di nome Betty.

A Laura non rimane che sorridere, allontanarsi e poi tornare per deporre nelle mani di Jim “un souvenir”: il suo unicorno di vetro.

Gli dona così il pezzo più pregiato della sua collezione, come un ostaggio, un prigioniero che non tornerà più indietro.







L’AUTORE



Tennessee Williams è forse il più grande drammaturgo americano del ventesimo secolo.

Gli Stati Unti considerano un proprio patrimonio culturale i suoi personaggi fragili di fronte alla violenza del mondo e le sue storie sentimentali inevitabilmente votate alla catastrofe.

Tuttavia, Thomas Lainer Williams ha sempre vissuto sulla sua pelle la fragilità che descriveva.

Nato a Columbus (Mississippi) nel 1911, trascorre l’infanzia tra le nevrosi di sua madre e l’insofferenza di un padre conservatore e autoritario che tollera malvolentieri la debolezza quasi “femminile” di quel figlio per niente simile ai “sani e robusti ragazzi del Sud”.

Dopo la laurea, conseguita all’University of Iowa, Williams inaugura un’esistenza girovaga sostenendosi con mille lavori saltuari.

Negli stessi anni, però, sotto l’influenza di Cechov, inizia a scrivere i primi racconti e le prime pièces.

A salvarlo da una situazione economica ormai disperata, arriva il grande successo de “Lo zoo di vetro”, rappresentato per la prima volta a Cichago nel 1944. Gli anni successivi vedono una serie di grandi prove d’autore come “Un tram chiamato desiderio” (1947), “La rosa tatuata” (1951), “La gatta sul tetto che scotta” (1955) , che, seguite da fortunate trasposizioni cinematografiche, consacreranno Tennessee Williams come il drammaturgo statunitense più noto e rappresentato.

I lavori di Williams, attraverso un linguaggio intensamente emotivo, ruotano attorno ad alcuni temi cardine: la perdita dell’innocenza, la degradazione personale e collettiva, lo sfacelo fisico, la patologia sessuale, utilizzando il Sud degli Stati Uniti come terreno ideale per uno scontro di passioni.

Nel 1963 la vita privata e professionale di Tennesse Williams subisce un duro colpo: dopo la morte per cancro del suo compagno Frank Merlo, il drammaturgo cade in uno stato di prostrazione segnato dall’ipocondria, dall’alcol e dall’instabilità emotiva, dal quale riuscirà a liberarsi solo il 24 febbraio 1983 ingerendo un intero tubetto di barbiturici.







Cercando frammenti di memoria della famiglia Wingfield

Prime note di regia di Andrea Liberovici per “Lo zoo di vetro”di Tennessee Williams



I Wingfield sono in qualche modo dei sopravvissuti o meglio dei mai-vissuti: abbandonati dal padre, senza mezzi economici, minacciati dalla distruzione di una rispettabilità piccolo borghese, sopravvivono, aggrappandosi l’uno all’altro, ad una realtà lontana anni luce dai loro sogni più intimi e che non può non umiliarli costantemente.

La famiglia Wingfield è una famiglia che ha fallito nelle sue aspettative, e come spesso accade nelle dinamiche familiari, non tanto per drammatici eventi esterni ma per l’incapacità profonda ad amare.

Si scontrano infatti, nel testo di Williams, tre violenti egoismi diversi con effetti al limite della patologia. La possessività morbosa della madre, il desiderio di fuga del figlio, il quasi autismo della figlia che delega la sua realtà alla sua immagine riflessa in uno…zoo di vetro. Ecco questi caratteri, per certi aspetti estremi, e nello stesso tempo così reali in molti gruppi familiari, si nutrono, a mio avviso, di tanti gesti, di non detti, di sguardi che incatenano e segnano il territorio, di rituali tesi a preservare un’idea di identità. Dalle parole di Williams desidero arrivare a far emergere non tanto, o non soltanto, la tragica realtà del presente in cui si sviluppa il dramma della famiglia stessa, ma parte del percorso a ritroso che li ha portati a questo presente. Non a caso Williams, in una modernissima presentazione al testo (parte integrante del testo stesso) parla di “dramma della memoria” ed affianca, ad una scrittura iper realista, un’idea di scena simbolica, un luogo appunto della memoria dove ogni frammento di vita rimanda ad un “fantasma” passato ma comunque presente nel quotidiano.

Desidero quindi creare, attraverso video proiezioni ed una ricca “scenografia acustica”, un percorso parallelo e contemporaneo all’azione scenica. Un contrappunto evocativo audio-cinematografico della memoria dei personaggi, dei loro gesti, sussurri, sguardi ecc che avvolgerà il divenire dello spettacolo.

L’occasione di lavorare teatralmente con una straordinaria attrice di cinema come Claudia Cardinale, mi “obbliga” infatti ad approfondire la mia ricerca teatrale che, come chi conosce il mio lavoro sa, si nutre profondamente delle molteplicità espressive che le nuove “macchine teatrali” offrono e quindi suono, immagine e cinema.

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