La Stampa : Il cuore di Viareggio occupato dai clandestini. Di notte nomadi e slavi sono i padroni del parco
Attualità sabato 11 agosto 2007 0Che pubblicità per il turismo !
Mi ammazzano. Aiuto». Sono grida dell’altra sera. Pineta di Viareggio. Lui, invalido, si è appartato fra arbusti con un giovanotto. Ne sono sbucati altri: un sacco di botte e via portafogli e orologio. Pineta di Viareggio, appunto, ogni estate cuore di allarmi. Prima era soltanto la prostituzione maschile, storico appuntamento di clienti e marchettari. L’anno scorso lo scandalo dei minorenni in affitto.
Ora sempre più accampamenti che sorgono e spariscono in poche ore, spacciatori, tossicomani, venditori di se stessi, e un formicaio di ladri che bivaccano, escono, colpiscono e scompaiono: la notte, le aree più nascoste, soprattutto nella zona nord, a ridosso dello stadio e poi verso Torre del Lago, sono un hotel sotto le stelle per saccheggiatori di appartamenti, parcheggi e stanze d’albergo, cortili, garage, auto in sosta. Le biciclette incatenate sotto casa o nel centro o agli alberi là dove i pini lasciano spazio alle spiagge spariscono a decine ogni giorno. Le puoi ricomprare a Forte dei Marmi, a Lido di Camaiore, su e giù per la Versilia.
Pineta che aumenta il battito cardiaco. Se ti ci addentri quando fa buio, è subito inquietudine. E se dopo qualche centinaio di metri l’inquietudine non diventa paura è perché sei incosciente o porti a passeggio due dobermann. Sono ettari stupendi, parco naturale. Ma se lasci le strade sterrate e ti infili in un fitto sottobosco, ecco le tende dei rom, i materassi o le tele cerate di marocchini, algerini, senegalesi, i bivacchi spenti, immondizie e avanzi di pasti raffazzonati. Accampamenti volanti. Una volta erano fissi, lasciati lì durante il giorno, ma i controlli delle forze dell’ordine piombavano a colpo sicuro e facevano pulizia. Allora è nato il mordi e fuggi della notte: tende e materassi dopo le 23, fatti sparire entro le sette. Punto di riferimento per individuarli sono le fontane: acqua per bere e togliersi di dosso un po’ di sudore. I padroni della pineta sono, ma ben nascosti. A molte fontanelle è stata tolta l’acqua, anche in città.
Zingari, nordafricani, gente dell’Est. Nella pineta ti accorgi di loro se camminando nel folto vedi volare sopra i cespugli una lattina di birra vuota, ultima bevuta prima del sonno o di una scorribanda. Dopo oasi limpide d’improvviso cartacce e bottiglie. Resti di fuochi, braci per cucinare che spesso incendiano un brandello di parco. Altri minuscoli roghi anneriscono le alcove d’aghi di pino di clienti e prostituti, di avventure nate in Internet. Un «giustiziere» (o un gruppo) che non aggredisce le coppie, però dà alle fiamme i quadratini di natura dove avvengono gli incontri.
Ecco i nordafricani. Nel buio camminano in due, diretti al centro. Li hai di fronte. Ti rassicura il gippone bianco della Polizia Municipale: «Venirci a passeggio di notte è da folli», ammoniscono. Durante il giorno, invece, puoi camminare sperando di veder sbucare daini e caprioli. La notte c’è un’oscurità popolata di voci in sordina, rifiuti, piccole luci che fanno intuire un gruppetto e una tenda. I rom sbucano in gruppo, passo lento. Poi il gruppo si divide. Elemosina? Colpi già preparati? Nei giorni scorsi la Liguria contava furti e rapine sul suo territorio.
Qui non è problema sparso su un litorale. Qui è una cittadina di 65 mila abitanti (in estate oltre centomila) che si specchia in un fenomeno tutto suo: «Abbiamo uno dei polmoni verdi più curati d’Italia, che arriva fino a San Rossore», dice il vicesindaco, avvocato Gianfranco Parenti, «ma quel polmone diventa anche un gigantesco, oscuro rifugio per questa gente e i suoi traffici». Le iniziative di contrasto sono tante, ma non bastano. Anche dal pezzo di pineta in mezzo all’abitato partono escursioni ladresche, tanto che perfino la Federalberghi si è detta allarmata. La presidente, Beatrice Taccola, ha parlato di «grido di dolore» degli hotel.
Il vicesindaco: «Abbiamo un’attività di controllo e repressione della Polizia Municipale, che perlustra la pineta, e interventi coordinati con le altre Forze». Ma è guerra su una scacchiera: colpisci una volta e loro si spostano in questi ettari interminabili e fitti. Arrivi con i cani antidroga e gli spacciatori si trasferiscono, dirottando i compratori con i cellulari. A un chilometro dallo stadio c’è un sottobosco di siringhe. L’hanno già ripulito, è ricomparso. Si accampano ovunque, non cercano nemmeno il verde. Li trovi sdraiati anche nelle piccole aree annerite dal fuoco, però ben riparate. La notte spostano i tronchi caduti per bloccare il cammino ai Fuoristrada del Comune, che imperturbabili li aggirano, li schiacciano.
L’altra difesa è quella di «occupazione del territorio». Sono le manifestazioni pubbliche, le notti bianche, il lavoro di pulizia tra i pini, per rendere trasparenti quelle che ora sono ancora zone franche. Il viaggio del pomeriggio e quello della notte in queste zone fa tornare alla mente la ricerca dei sequestrati in Sardegna o Calabria: gli stessi rapiti sentivano motori, voci, ordini delle squadre in battuta per liberarli. Passavano a dieci metri e la vegetazione non li lasciava vedere.
In questo buio è la stessa cosa. Ogni tanto un grido, un richiamo. Qualcuno di corsa. Dal versante di Torre del Lago escono dai locali ed entrano in pineta. Qui è sesso. Prostituti stranieri in canottiera e brache corte, ma anche giovani vestiti come dandy di provincia. Tra loro i coltelli di faine rumene e albanesi. Entrare qui la mattina è respirare ossigeno di natura e quiete. Entrarci la sera e uscire all’alba è un viaggio per respirare alla fine l’ossigeno della paura passata: questa volta mi è andata bene.
Fonte : LA STAMPA
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