"Paga o dico che sei gay". Bullismo ai danni di un ragazzo di 15 anni.

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Iniziato il processo a un ventenne

«Devi darmi dei soldi, ogni volta che te lo chiederò. Altrimenti andrò a raccontare a tutta la scuola che sei un omosessuale». Una minaccia che aveva assunto sembianze quasi intollerabili per un ragazzino di 15 anni, M.A., che alla reazione preferì sottostare al ricatto. Anche perché l’altro aveva diciotto anni, era più grande e soprattutto era spalleggiato da altri compagni di una scuola superiore viareggina. Un incubo che si è protratto per oltre due mesi (dall’ottobre al Natale del 2003) per quel ragazzino gentile ma un po’ isolato dal branco e con qualche difficoltà sul piano relazionale. Un periodo nel quale il quindicenne (che oggi ha quasi 19 anni) si vide costretto a incontrare l’altro, a consegnare piccole somme (quasi sempre 10 o 20 euro) derivanti dalla paghetta settimanali della nonna o dei genitori.

Ieri M.A. è stato ascoltato come parte civile nella prima udienza del processo per estorsione a carico di B.A., oggi ventiduenne. Incalzato dalle domande del giudice Nidia Genovese e dei legali della difesa, Graziano Pancetti e Nunzia Castellano, il ragazzo ha faticosamente ripercorso quella brutta avventura, dimostrando comunque una certa padronanza di sè e della propria memoria. Ha raccontato che l’altro lo agganciò fuori dalla scuola per metterlo davanti a una scelta difficile per un ragazzino: evitare una pubblica umiliazione, e magari il dileggio dei compagni a fronte del pagamento di piccole somme di denaro. In tutto 80 euro nel giro di due mesi, tanti per chi vive con i genitori e non ha altre entrate se non, appunto, la paghetta. «Mi disse che avrebbe raccontato a tutti che avevo avuto rapporti con un altro ragazzino - ha detto M.A. sulla sedia dei testimoni - e alla fine ho accettato di pagare. Mi ha lasciato il suo numero di cellulare, ero io che dovevo contattarlo quando avevo la disponibilità dei soldi. Una volta è venuto anche a suonare a casa mia accompagnato da altri due ragazzi, e lì ho avuto paura che volessero farmi qualcosa di male. Per un certo periodo di tempo mi sono trasferito a casa di mia nonna perché avevo difficoltà anche a uscire di casa, era diventato un vero e proprio incubo per me. Magari adesso ci farei una risata sopra, ma all’epoca ero davvero piccolo e tutto mi spaventava».

La vicenda diviene pubblica pochi giorni prima di Natale: subito dopo il pagamento degli ultimi 20 euro (effettuato nonostante il ragazzino avesse raccontato tutto alla madre), il padre di M.A. si decide a portare il figlio dai carabinieri per presentare denuncia contro il ragazzo più grande. La Procura di Viareggio lavora sulle intercettazioni dei cellulari e riscostruisce l’ora esatta e la durata delle conversazioni tra i due ragazzi. Alla fine arriva il rinvio a giudizio per estorsione.

Nel corso dell’udienza di ieri è stata ascoltata la dottoressa Annamaria Sassoli, psicologa che ebbe in cura per diversi anni la presunta vittima dell’estorsione: «Seduta dopo seduta mi raccontò cos’era accaduto, ma in modo abbastanza distaccato e asettico, non mi sembrava particolarmente turbato».

Il processo riprenderà il 22 gennaio 2008 con l’audizione della mamma e del papà di M.A e quindi di alcuni testimoni.

Nella foto una serata del Mardi Gras a Torre del Lago
Fonte : Gay.it

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