La Procura ha chiesto il rinvio a giudizio di don Bruno del Ceis

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La Procura della Repubblica di Lucca ha chiesto il rinvio a giudizio di don Bruno Frediani.

Il capo di accusa per il noto sacerdote, impegnato nel sociale, è quello di omicidio colposo per la morte, avvenuta il 13 luglio dello scorso anno, del piccolo Rom affogato nella piscina della Ficaia. La tragedia avvenne intorno alle 11 di mattina di una domenica all'Agriturismo La Ficaia, gestita dal Ceis, il Centro Italiano Solidarietà, di don Bruno, dove la vecchia giunta Marcucci aveva alloggiato alcune famiglie Rom.

L'incidente era avvenuto mentre il piccolo faceva il bagno nella struttura, con un cuginetto di tre anni, tirato fuori vivo da un addetto alla manutenzione e che fu ricoverato in gravi condizioni al “Versilia”. Per il piccolo Zobar Velcu, invece, che era rimasto sotto a un materassino di gomma, non ci fu niente da fare: nonostante i tentativi per rianimarlo, sia sull'ambulanza che al Pronto Soccorso, era deceduto, per affogamento.

La Procura di Lucca aveva subito aperto un fascicolo per omicidio colposo, affidando le indagini al Pubblico Ministero Lucia Rugani. I due bambini erano riusciti ad entrare nella piscina, che in quel periodo era chiusa per dei lavori, passando dallo scivolo, il cui accesso era libero e si trova lungo il crinale prospiciente la vasca. Proprio all'imbocco dello scivolo erano stati ritrovati i vestitini dei due bambini. Don Bruno, ora, dovrà rispondere dell'accusa di omicidio colposo, come legale rappresentante della Ficaia, una cooperativa sociale Onlus, “per imprudenza, negligenza, imperizia, e violazione di legge”.

Da quanto emerso la gestione della piscina, ad uso pubblico, era priva della prescritta autorizzazione e la struttura presentava carenze sotto l'aspetto strutturale: in particolare l'impianto non sarebbe stato adeguatamente recintato, ma delimitato da una staccionata di pali di legni molto distanti tra loro, tanto che i due bambini erano riusciti a passarci.

Letizia Tassinari.

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