Il Partito democratico avanza in Parlamento una proposta per dare soluzione alla complessa vicenda del rinnovo delle concessioni demaniali

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Premesso che gli stabilimenti balneari sono una importante realtà socio-economica tipica del settore del turismo del nostro Paese, che nel corso ormai centenario della loro attività hanno garantito un elevato livello di accoglienza e di servizi a favore dei cittadini e della clientela turistica internazionale;
gli stabilimenti balneari sono diffusi in tutto il territorio costiero del Paese ed in alcune particolari aree, come la Versilia e la costa romagnola e marchigiana, hanno raggiunto livelli di significatività economica paragonabile a quella di veri e propri distretti produttivi manifatturieri.

Sono, inoltre, fortemente integrati con l’offerta alberghiera contribuendo significativamente al PIL turistico; sulla base di recenti dati, nel territorio nazionale sono attualmente operativi circa 28.000 stabilimenti balneari, che in media occupano durante la stagione estiva non meno di 300.000 addetti, ai quali vanno aggiunti gli addetti occupati nell’indotto, ovvero dagli esercizi pubblici e dagli esercizi commerciali che vivono a stretto contatto con gli stabilimenti balneari;

gli stabilimenti balneari, oltre a rappresentare un settore primario della nostra economia, svolgono una imprescindibile attività a tutela dei turisti garantendo loro le necessarie informazioni quotidiane sulla balneabilità del mare, la sorveglianza delle coste e l’assistenza immediata in caso di emergenza a mare; non va dimenticato, inoltre, l’imprescindibile ruolo svolto dagli stabilimenti balneari a tutela dell’ambiente naturale costiero ed in particolare nelle operazioni di pulizia e di manutenzione degli arenili;

alla luce di quanto esposto la gestione di uno stabilimento balneare deve essere considerata una vera e propria attività imprenditoriale complessa, chiamata contemporaneamente a gestire una serie di servizi alla clientela turistica ed in conseguenza ad intrattenere rapporti di natura economica con altre attività commerciali, a garantire un adeguato livello occupazionale e a svolgere servizi di tutela pubblica dei bagnanti e di manutenzione ambientale dei tratti di costa di loro competenza;

proprio per le caratteristiche descritte, gli stabilimenti balneari del nostro Paese si distinguono profondamente da quelli del resto dei Paesi mediterranei a maggiore vocazione turistica, come Francia, Spagna e Grecia, dove la diffusione è assai più contenuta e in molti casi sono gestiti direttamente dagli alberghi e a disposizione esclusivamente della loro clientele;

l’attività imprenditoriale di gestione degli stabilimenti balneari nasce con il rilascio di una concessione demaniale marittima, valida per un determinato periodo di tempo e gli investimenti e la continuità operativa dell’attività dipendono essenzialmente dalla durata, dalle condizioni di esercizio, ovvero dai canoni concessori, e dalla possibilità di rinnovo della concessione;

proprio per far fronte alle esigenze di continuità operativa dell’attività di gestione di uno stabilimento balneare, l’articolo 37 del codice della navigazione stabilisce che nell’assegnazione della concessione e nella fase di rinnovo della medesima è preferito il richiedente che offra maggiori garanzie di proficua utilizzazione della concessione e si proponga di avvalersi di questa per un uso che risponda ad un più rilevante interesse pubblico;

con riguardo alla durata della concessione, l’articolo 10 della legge n. 88 del 2001 ha previsto un meccanismo di rinnovo automatico delle medesime con cadenza sessennale;

tale combinato disposto, insieme ad altre disposizioni normative che hanno demandato a regioni e comuni compiti di regolamentazione tecnica dell’attività, ha consentito nel corso degli ultimi anni un forte sviluppo dell’attività lungo tutta la costa nazionale e garantito la possibilità ai gestori degli stabilimenti balneari di programmare consistenti investimenti finalizzati a migliorare le strutture ricettive degli stabilimenti e ad innalzare il livello dei servizi offerti al cittadino;

in data 2 febbraio 2009, l’Unione Europea ha aperto nei confronti dell’Italia una procedura d’infrazione n. 2008/4908 per il mancato adeguamento della normativa nazionale in materia di concessioni demaniali marittime ai contenuti previsti dalla “direttiva servizi“, meglio conosciuta come direttiva Bolkenstein (direttiva 123/2006/CE);

la Direzione generale del mercato interno e dei servizi della Commissione europea, in una nota del 4 agosto 2009 inviata dalla rappresentanza permanente presso la CE al dipartimento delle politiche comunitarie presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha evidenziato che la preferenza accordata dall’articolo 37 del codice della navigazione al concessionario uscente, oltre ad essere contraria all’articolo 43 del trattato CE, è nel contempo in contrasto con l’articolo 12 della “direttiva servizi” ed ha invitato le autorità italiane ad adottare tutte le misure necessarie al fine di rendere l’ordinamento italiano pienamente conforme a quello comunitario entro il termine ultimo del 31 dicembre 2009;
per effetto della procedura di infrazione aperta dalla UE, il Governo italiano si sta accingendo ad apportare modifiche alla legge di recepimento della “direttiva servizi” e ad emanare un apposito decreto legislativo i cui contenuti non sono allo stato attuale ancora definiti, tanto da creare evidenti preoccupazioni a tutto il comparto del turismo balneare;

alla luce di quanto menzionato, infatti, nell’ipotesi di pieno adeguamento del nostro ordinamento alle indicazioni della “direttiva servizi” le concessioni demaniali marittime, a decorrere dal prossimo anno, non potranno più essere rinnovate automaticamente, non valendo più il diritto di insistenza, ma anzi dovranno essere oggetto di un bando con procedura di evidenza pubblica alla scadenza temporale di ogni concessione;

la repentina modifica dell’ordinamento nazionale, il cui equilibrio è stato costruito in un lungo arco temporale, metterebbe in seria discussione la sopravvivenza di almeno 20.000 imprese, molte delle quali microimprese, con effetti disastrosi nei livelli occupazionali del settore turistico balneare e più in generale nell’economia turistica del Paese, con effetti ancora più gravi proprio nelle aree dove il settore turistico-balneare è più sviluppato;

le ragioni dell’annunciata difficoltà del settore turistico balneare nazionale appaiono del tutto evidenti: gran parte degli attuali concessionari, in gran parte rappresentato da piccoli imprenditori, non sarà più disposto ad investire e a migliorare i servizi in un settore come quello del turismo balneare in mancanza di certezze sul ritorno economico dell’investimento e a fronte di una durata certa della concessione di soli sei anni;

a quello appena descritto, si aggiunge poi il danno che subirebbero gran parte delle piccole realtà imprenditoriali attuali concessionarie, che vedrebbero vanificati gli sforzi compiuti in lunghi anni di lavoro nella creazione del valore economico degli stabilimenti balneari e nella creazione di un sistema di interrelazioni con le altre imprese del settore turistico ricreativo;

impegna il Governo a riconoscere la specificità del settore del turismo ricreativo balneare nazionale e a concordare in sede europea, proprio in ragione di tale specificità, il differimento temporale al 31 dicembre 2015 dell’applicazione delle disposizioni previste dalla direttiva n. 123/2006/CE al settore delle concessioni marittime balneari;

sulla base dell’unicità, dell’originalità e della specificità del sistema italiano, a prevedere una diversa applicazione per l’Italia della direttiva servizi n. 123/2006/CE riferita esplicitamente al settore balneare, concertata con la Commissione Europea;

ad istituire un apposito tavolo istituzionale con la partecipazione dei rappresentanti delle regioni, degli enti locali e delle associazioni rappresentative dei gestori degli stabilimenti balneari finalizzato a concordare i contenuti della nuova disciplina di regolamentazione delle concessioni demaniali marittime, con particolare riguardo alle tematiche relative ai tempi di applicazione alle aziende in esercizio, alla definizione del numero effettivo delle concessioni, della validità o meno di quelle esistenti, dei criteri per il rilascio di nuove concessioni, della loro durata e dei criteri per l‘eventuale revoca, dell’importo dei canoni concessori, del diritto di prelazione e dell’equo indennizzo dei concessionari nel caso di aggiudicazione della concessione ad altro soggetto o di revoca della concessione non dipendente da abusi o inadempienze da parte del concessionario, ai criteri di subingresso in caso di vendita o affitto, alla devoluzione alle regioni e agli enti locali delle residue competenze.

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