Invito a Teatro: La memoria emotiva

Invito a Teatro 1

Provate a pensare cosa sarebbe un Attore senza memoria.

Parole sconclusionate, gesti imbarazzati, sguardi smarriti riempirebbero di niente i palcoscenici di tutto il mondo.
Esiste però una memoria che va assai al di là dell'acquisizione del testo, che è più importante delle parole registrate nel cervello: la memoria emotiva.

Altra colonna portante del Metodo, è lo scrigno dove risiedono i sentimenti inconsci, forti, benché brevi, ed anche quelli più controllabili, già filtrati, esperienziali.

I primi servono l'Attore: attuano la creatività, la fantasia e gli rendono vivibile il sogno.
I secondi invece servono all'Attore e sono i veri catalizzatori della memoria emotiva, che accendono la miccia della verità scenica, poiché vere sono le emozioni e veri sono i sentimenti che essa resuscita.

Questo però non significa che fare l'Attore sia portare istintivamente in scena emozioni e sentimenti che sorgono spontanei. Ogni gesto deve avere un senso, ogni sguardo deve sostenere l'emozione come un pilastro di cemento, ogni parola deve fare da grimaldello per sfondare il cuore dello spettatore.

Ma come si fa a parlare di verità dove tutto è finzione, dove la maggior parte degli oggetti sono finti?
Ebbene, a Teatro non importa se gli oggetti siano veri o finti, quello che conta è la sincerità del sentimento che ci fa usare quegli oggetti.

Ma c'è un altro rischio, opposto alla finzione, altrettanto pericoloso e assai più difficile da controllare: l'eccitazione dello spettacolo, che può condurre l'Attore nella trappola dell'esagerazione dei sentimenti.
Esagerare un'azione, forzarla in modo che amplifichi i sentimenti da portare in scena, non li rafforzerà, anzi, potrà solo distruggerli con un'esplosione di non-verità e trasformerà l'Arte in un'enfasi arida.

“Se sei capace di impallidire o arrossire per un ricordo, se hai paura a pensare a un brutto accadimento della tua vita, ecco, tu hai la memoria emotiva.”


Rebecca Palagi ©2012 tutti i diritti riservati

1 commento

  1. Andrea mercoledì 12 dicembre 2012 alle 16:34:56

    Penso alla tecnica della ripetizione, ripetere mille volte un qualcosa al fine di renderlo "normale" ed eseguirlo in piena autonomia (senza cioè l'intromissione di noi stessi all'interno di noi stessi)...

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